Quando si parla di inquinamento ci vengono alla mente tantissime immagini e alle volte si esorcizza il tema come una cosa “lontana da noi” o che non può nuocerci in prima persona.
Ma non è così.
In ultima analisi, in ordine cronologico, c’è uno studio pubblicato sulla rivista “Sciende Advances” che spiega una preoccupante associazione tra polveri sottili e mortalità annessa alle infezioni causate da Covid-19.
Secondo questo studio dell’Università di Harvard condotto da Francesca Dominici, infatti, effetti e conseguenze del Covid-19 sono più letali nelle zone dove è presente maggiore inquinamento atmosferico.
Secondo la dottoressa Dominici, sul lungo periodo basta una differenza di un microgrammo nella media di PM 2,5 per aumentare il tasso di mortalità del 15%.
Le PM 2.5 fanno riferimento alle polveri sottili, microparticelle inquinanti e cancerogene prodotte da scarichi industriali, auto e via dicendo, così minuscole che riescono a penetrare negli alveoli dei polmoni e poi nel sangue, danneggiando così l’intero organismo.
I ricercatori hanno raccolto dati relativi al livello di particolato in 3.000 contee americane nel periodo 2000/2016 e li hanno confrontati con i decessi per Covid-19 riscontrati fino al 4 Aprile 2020.
Questi dati sono poi stati ricalibrati in modo da togliere variabili che avrebbero potuto alterare lo studio, come status socioeconomico, tasso di fumatori e obesità, numero di tamponi per rilevare la positività al virus, disponibilità di letti negli ospedali.
Si è trovato in questo modo un’associazione tra inquinamento e pericolosità del virus.
«Se una persona vive per decenni in un luogo dove ci sono livelli alti di particolato ha una maggiore probabilità di sviluppare sintomi gravi — dice Dominici —. È un risultato che non ha sorpreso chi studia gli effetti delle polveri sottili sulla salute. Sappiamo già che l’esposizione di lungo periodo al microparticolato causa infiammazioni ai polmoni e problemi cardiocircolatori. E sappiamo che le persone con problemi al sistema respiratorio e cardiocircolatorio contagiate da Covid-19 hanno un tasso di letalità più alto».
Lo studio potrebbe spiegare in parte anche quello che è successo in Italia: «La Pianura padana è una delle zone più inquinate d’Europa e questo potrebbe avere avuto un ruolo anche nell’alto numero di vittime che si sono registrate in Lombardia» aggiunge Dominici.
Emerge anche che non è tanto importante il livello di inquinamento di partenza quanto l’aumento.
Anche aree poco inquinanti, quindi, che vedono però un innalzamento minimo delle polveri sottili, si assoceranno a una maggiore mortalità per Covid.
Senza contare poi che l’inquinamento costa, oltre che in termini di salute, anche per le nostre tasche.
La Pianura Padana, insieme a Milano, Padova, Venezia e Torino, sono tra le 10 città europee dove l’inquinamento ha il costo pro capite più elevato.
Si stima l’impatto dello smog milanese, secondo in Europa, costi agli abitanti ben 2.800 € a testa, seguono i padovani con 2.500€. Altre città italiane, come Verona, Bergamo, Cremona e Pavia si attestano a 1.800€ pro capite/anno.
In termini economici l’impatto sulla società e sulle casse dello Stato è abnorme ed è determinato dalle vite umane perse prematuramente, dai costi delle cure mediche e sanitarie in genere, dai giorni di lavoro persi e da tutte le altre spese sociali indirette, ma comunque riconducibili all’inquinamento atmosferico.
I ricercatori hanno riscontrato che gli abitanti delle grandi città subiscono un impatto più elevato a causa della densità della popolazione e l’inquinamento atmosferico rimane la prima causa di morte prematura per fattori ambientali e il principale problema da risolvere, per l’appunto, nei grandi centri urbani.
Non ci stancheremo mai di dire, quindi, che il nostro stile di vita deve cambiare, a favore di una mobilità più attiva e sostenibile.
Una soluzione di questo tipo gioverebbe alla salute, all’ambiente e, non ultimo, al portafoglio dei cittadini.